
Prima il covid che non molla la presa, poi la guerra che non si sa come andrà a finire, poi la siccità che non avveniva da decenni, poi l’umore popolare compresso da stress che trova sfogo nella frustrazione e anche nella violenza. La crisi economica che ne consegue, appesantita da una realtà sociale sconcertante, morde e crea altre ansie che frenano la fiducia nel futuro, energia dello sviluppo. Una crisi per altro che ha effetti asimmetrici, amplia le disuguaglianze ed erode le opportunità, colpendo di più qualcuno (cittadino comune) e meno qualcun altro (cittadino provilegiato).
Questo è il momento di attuare il giro di boa che ci allontani dalla tempesta pefetta che si profila all’orizzonte e apporti fiducia nel futuro. I sacrifici, la dedizione e l’impegno necessari sono accettabili se il percorso è sostenibile oggi per domani; sostenibile quindi significa che i sacrifici necessari sono seri, perché diffusi, condivisi e proporzionati.
Finchè i comportamenti non sostenibili di ogni attore, politico, economico e sociale, ove evidenziati, verranno considerati un danno lieve, l’affermazione della trasformazione sostenibile sarà molto più lenta e blanda. Serve la forza della stigmatizzazione che condanni “coram populo”, pubblicamente e con efficacia reattiva, chi dice di agire sostenibile e non lo fa e anche chi lo fa senza effettivo cambiamento. Solo così le scelte di acquisto, di condivisione, di voto avranno finalmente rilevanza generale.
La prevenzione e il contrasto assumono un ruolo decisivo affinché lo sviluppo sostenibile abbia una portata giusta e corretta, interrompendo il concerto delle parole al vento, dei propositi insulsi e delle promesse infondate con cui oggi, in troppi casi, viene sommariamente proposto. Prevenzione dotata di strumenti capaci di garantirne l’effettiva efficacia e concretizzare una vera condanna dei comportamenti animati da fatti fuorvianti e ingannevoli. Condanna prima commerciale, reputazionale da parte dei Consumatori e, in casi estremi, anche giudiziaria da parte dello Stato.
La comunicazione d’Impresa e la capacità persuasiva del marketing è ancora molto più determinante rispetto all’instinto e all’esperienza del Consumatore; non è facile estirpare la manomissione della strategia di sviluppo sostenibile eccessivamente diffusa. La Comunità deve rendersi monitorante per rendersi incisiva.
Il storia ci ha insegnato che le emergenze sono il prodotto di tante ordinarie negligenze o di continue ipocrisie superficiali. Non si può più aspettare perchè alla fine troppe emergenze degenerano in catastrofi irreparabili. Occorre costruire, ricostruire, una delle condizioni base del procedimento democratico, la pubblicità, la riconoscibilità, la verificabilità di atti, comportamenti e decisioni, la loro rendicontazione trasparente e comprensibile.
I criteri della sostenibilità sono il regolatore neutro degli interessi concorrenti in nome dell’interesse generale, a difesa della fisiologia democratica e a contrasto della sua alterazione.
Diventa a questo punto essenziale il coinvolgimento di tutti i Consumatori focalizzato sull’educazione alla consapevolezza delle scelte di acquisto, di condivisione, riconoscendo il diritto fondamentale di “conoscere per deliberare”, per partecipare attivamente alla coesione sociale unitamente allo sviluppo economico, inquadrati a un nuovo sistema equilibrato di valori.
Troppi strappi ai valori naturali del pianeta e dell’uomo suo figlio sono oggi tollerati e addirittura messi come faro di affermazione. Troppi valori guida sono artefatti e conducono a strade effimere mentre distraggono dal bene comune, dall’interesse generale, dalla convivenza civile; insomma dalla democrazia misurata e possibile.
Per ripristinare l’equilibrio dei valori la strada maestra è premiare i comportamenti positivi e colpire quelli negativi, alleggerendo la tassazione sui beni e sul lavoro, appesantendo la tassazione su chi (o cosa) produce e lavora in maniera non sostenibile: inquina, specula, evita la circolarità, sfrutta e spreca, non condivide il valore creato a favore della coesione e della equità sociale.
Il potere delle rappresentanze divise non contrasta le derive della finanza e delle concentrazioni economiche. Il risultato più evidente è, nel mercato, l’infedeltà e l’instabilità dei consumatori; nella comunità, la debole coesione sociale e la marcata iniquità nella distibuzione delle risorse; nell’elettorato la mobilità e l’astensione.