Con il referendum del 23 giugno 2016, la maggioranza dell’elettorato britannico ha espresso la volontà che il Regno Unito abbandoni l’Unione europea (UE), a distanza di 43 anni dal suo ingresso nell’allora CEE.
Su questa base, il 29 marzo 2017 il Governo britannico ha azionato il meccanismo di recesso previsto dall’art. 50 del Trattato sull’Unione europea (TUE). Da quel momento hanno avuto ufficialmente inizio i negoziati per concordare i termini della Brexit con un Accordo di Recesso, prima tappa di un complesso processo che condurrà all’uscita formale del Regno Unito dalla UE, prevista al temine del periodo negoziale di due anni, il 29 marzo 2019.
La prima fase dei negoziati si è conclusa positivamente il 15 dicembre 2017 e il Consiglio europeo ha conseguentemente certificato il raggiungimento di progressi sufficienti per passare alla seconda fase dei negoziati.
La seconda fase negoziale è entrata nel vivo con l’avvio del 2018, sotto la Presidenza semestrale bulgara del Consiglio UE, segnando il 19 marzo scorso un primo importante risultato: al termine di un’intensa sessione negoziale, le parti hanno raggiunto un’intesa sui temi dei diritti dei cittadini, sul regolamento delle pendenze finanziarie, sulla transizione e su alcuni altri aspetti della separazione, arrivando a coprire quasi l’80% del campo di azione dell’Accordo di Recesso.
Grazie agli sforzi intercorsi tra aprile e novembre 2018 (terza fase negoziale), lo scorso 25 novembre 2018il Consiglio europeo straordinario “art.50” (a ventisette) ha dato il via libera all’Accordo di Recesso e approvato la Dichiarazione Politica sul quadro delle future relazioni.
L’intesa prevede un periodo transitorio, che durerà la fine del 2020. In questo periodo continuerebbe a vigere lo status quo, salvo lievi correzioni: il Regno Unito sarà tenuto a rispettare il diritto UE e tutti gli obblighi che ne discendono, ma – nella sua nuova veste di Stato terzo – senza il diritto di prendere parte al processo decisionale UE.
Nel quadro dei negoziati Brexit, alcune questioni rivestono importanza prioritaria per il nostro Paese. Una di queste è senza dubbio lo status dei cittadini UE – e, tra loro, lo status dei nostri connazionali – residenti nel Regno Unito e quello dei cittadini britannici in Italia. A questo proposito, per il Governo è essenziale che l’Accordo di Recesso garantisca anche in concreto, dopo il recesso, la più alta tutela possibile ai diritti acquisiti dei nostri connazionali che vivono, studiano e lavorano nel Regno Unito. Più in generale, l’Italia è impegnata assieme a tutti gli altri partner europei per assicurare un passaggio il più ordinato possibile alla realtà post-Brexit, nell’interesse di cittadini e imprese.
Nonostante gli sviluppi positivi legati all’intesa di novembre, il 15 gennaio 2019 il Parlamento britannico ha respinto, con 432 voti contrari e 202 a favore, l’Accordo di Recesso negoziato tra UE e Regno Unito. Il 28 gennaio 2019 il Parlamento britannico ha quindi impegnato il proprio Governo a “rivedere il backstop relativo all’Irlanda del Nord con misure alternative” e a individuare con l’UE una soluzione che consenta la ratifica dell’Accordo di Recesso da parte dello stesso Parlamento. Durante una serie di incontri che la Premier May ha avuto a Bruxelles il 7 febbraio scorso, i Vertici delle Istituzioni UE hanno ribadito che i 27 Stati membri non intendono riaprire i negoziati sull’Accordo di Recesso e i suoi Protocolli. In tale contesto, in esito ad un colloquio definito “determinato e costruttivo”, la Premier May e il Presidente Juncker hanno ribadito la volontà comune di realizzare un’uscita ordinata e un partenariato forte in futuro, consentendo ad una ripresa dei colloqui tra le squadre negoziali UE e UK Regno Unito per verificare se può essere individuata nei prossimi giorni una soluzione comune.
Nello scenario di incertezza che ancora accompagna il processo di ratifica dell’Accordo di Recesso, tutti i cittadini e le imprese sono invitati a prepararsi per tempo e ad ogni tipo di scenario alle conseguenze dell’uscita del Regno Unito dall’UE.
Secondo le Comunicazioni della Commissione sul tema “Prepararsi al recesso del Regno Unito dall’Unione europea il 30 marzo 2019” (COM(2018) 556/2, COM(2018)880 e COM(2018) 890), portatori di interessi e le amministrazioni nazionali e dell’UE devono prepararsi principalmente a due evenienze:
1. a) se l’Accordo di Recesso sarà stato ratificato prima del 30 marzo 2019 così da poter entrare in vigore a tale data, il diritto dell’Unione cesserà di applicarsi nei confronti del Regno Unito e al suo interno il 1 gennaio 2021, ossia trascorso un periodo transitorio di 21 mesi i cui termini sono stabiliti nell’Accordo di Recesso;
2. b) se le due parti non avranno ratificato in tempo l’Accordo di Recesso, non vi sarà alcun periodo transitorio e il diritto dell’UE cesserà di applicarsi nei confronti del Regno Unito e al suo interno il 30 marzo 2019 (evenienza detta anche scenario di “nessun accordo / no deal” del “precipizio / cliff edge”).
Anche nell’auspicata ipotesi di ratifica dell’Accordo di Recesso e di rapida conclusione e entrata in vigore di un Accordo sulle relazioni future, i rapporti tra i Paesi dell’UE e Regno Unito sono comunque destinati a garantire un livello di cooperazione sostanzialmente differente rispetto a quello esistente tra Stati membri: il Consiglio europeo ha ribadito sistematicamente che un Paese terzo non può vantare gli stessi diritti e godere degli stessi vantaggi di uno Stato membro. È pertanto della massima importanza prepararsi per tempo ad una realtà in cui il Regno Unito sarà un Paese terzo, anche nello scenario che provocherà meno perturbazioni.
Approfondimento sui diritti di cittadini
I. Diritti dei cittadini in caso di recesso con accordo ex art. 50 del Trattato sull’UE
Sin dalle prime battute negoziali, nel giugno 2017, è stato chiaro che occorreva concordare rapidamente misure a tutela dei diritti di circa 4 milioni di cittadini (di cui circa 3 milioni di cittadini UE in UK, tra cui sono stimati fino a 700.000 italiani). L’approccio concordato tra i negoziatori dell’UE e quelli britannici è stato di garantire la maggior parte dei diritti riconosciuti dall’acquis UE a tutti i cittadini residenti nel Regno Unito o nell’UE prima della data della fine del periodo di transizione (31 dicembre 2020).
Nel caso in cui tale intesa entri in vigore entro il 29 marzo 2019, i cittadini italiani residenti nel Regno Unitopotranno ottenere o maturare, ove non possedessero ancora il requisito dei cinque anni di residenza nel Regno Unito al termine del periodo di recesso, il cd. “Settled Status” o “pre-Settled Status” (con natura costitutiva dei diritti ex art. 18.1 dell’Accordo di Recesso) tramite una procedura amministrativa semplificata gestita dall’Home Office britannico. Italia e Regno Unito hanno portato avanti e continuano ad avere un intenso e proficuo dialogo sulla necessità di garantire anche in concreto tali diritti, con particolare riguardo alle categorie più vulnerabili.
Per quanto riguarda i cittadini britannici residenti in Italia, si intende riconoscere i diritti previsti dall’Accordo di Recesso con le procedure previste dall’art. 18.4, applicando quindi una procedura di natura dichiarativa che riconosce tali diritti per i cittadini britannici residenti in Italia al termine del periodo di transizione (31 dicembre 2020). Un metodo semplice e rapido per tutelare le decine di migliaia di cittadini britannici che hanno scelto di vivere in Italia, in linea con il confronto aperto e costruttivo avviato con le Autorità britanniche per tutelare anche in concreto i diritti dei cittadini italiani nel Regno Unito. I cittadini britannici che vivono e che lavorano in Italia sono invitati ad iscriversi all’Ufficio Anagrafe del proprio Comune italiano di residenza.
II. Diritti dei cittadini in caso di recesso senza accordo
Coerentemente con il dialogo tra i Paesi dell’UE e il Regno Unito sulla necessità di garantire i diritti dei cittadini, vi è un impegno condiviso ad offrire la massima tutela possibile anche in caso di recesso senza accordo.
Da parte britannica, il 6 dicembre è stato reso pubblico un documento d’indirizzo (“policy paper”) sui diritti dei cittadini in caso di recesso senza accordo che tende ad una tutela dei diritti acquisti per tutti i cittadini dell’UE che risultino continuativamente residenti nel Paese da almeno cinque anni alla data del 29 marzo 2019 (invece che alla data del 31 dicembre 2020, venendo meno, senza l’Accordo di Recesso, il periodo transitorio). Chi si trovi nelle condizioni di poter beneficiare del nuovo sistema (Settled o pre-Settled Status) potrà far domanda di registrazione entro il 31 dicembre 2020. Coloro i quali si vedranno riconosciuto lo status di “Settled” (o di “pre-Settled”) potranno continuare a godere, in linea di massima, di diritti e benefici assicurati fino ad ora, la cui tutela tuttavia verrebbe demandata a tribunali britannici (senza alcun possibile coinvolgimento di istanze giurisdizionali europee, come invece previsto nell’Accordo di Recesso). A quanti giungeranno nel Regno Unito dopo il 29 marzo 2019 verrà riservato diverso trattamento, basato sulla legislazione nazionale britannica in materia di immigrazione e su principi di reciprocità con la situazione dei britannici residenti nei Paesi di provenienza degli interessati.
Da parte italiana, in linea con le Comunicazioni della Commissione europea del 13 novembre 2018 e del 19 dicembre 2018 sulle misure preparatorie e di emergenza alla Brexit, sono in preparazione misure legislativeper un sostanziale mantenimento del quadro giuridico esistente per garantire che i cittadini britannici residenti al 29 marzo 2019 in Italia avranno riconosciuti i requisiti e il tempo necessario per chiedere e ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo disciplinato dalla Direttiva 2003/109/CE. In questo modo, essi potranno continuare a godere di diritti quali l’accesso a cure mediche, occupazione, istruzione, prestazioni sociali e ricongiungimento familiare. I cittadini britannici che vivono e che lavorano in Italia sono invitati ad iscriversi all’Ufficio Anagrafe del proprio Comune italiano di residenza prima del 29 marzo 2019.