Si parla dei giovani che sono vittime di una vera ingiustizia sociale: dovranno pagare una montagna di debiti contratta da genitori e nonni che ancora oggi non li mettono in condizione di avere un futuro, che consenta una vita dignitosa onorando questi debiti. Anche i giovani hanno le loro colpe: pigrizie e superficialità che li tengono al margine della scena.
Sembra che non abbiamo fame, ambizioni. Che preferiscano opportunità di svago tra social, bar e discoteche, con cadute su droghe e alcol. Che siano più influenzati dai gossip che dalle storie dei grandi, che accettino senza reclamare, che protestino a priori senza proposte concrete e fattibili, che pretendano di essere mantenuti. Che vogliano fare lavori che non sono richiesti, che non studino per maturare le professionalità che servono, che non amino i sacrifici e i tempi lunghi delle conquiste.
Abituati al benessere raggiunto dai genitori o dai nonni pensano che così sia normale, quindi dovuto lo stesso tenore di vita. Non sanno assumersi responsabilità, convivono senza sposarsi e fanno pochi figli. Il mondo competitivo, duro e qualificato come quello contemporaneo, non è per persone semplici, con studi generici, con poca voglia di preferire l’impegno duro al passatempo allegro e spensierato. Per fortuna non sono tutti così. Ma sono la maggioranza.
I genitori dovrebbero buttarli nella mischia senza proteggerli. Lo Stato dovrebbe creare prospettive concrete con studi più interessanti, maestri più autorevoli. Le imprese dovrebbero fornire opportunità costruite per loro, potenziando l’apprendistato e l’affiancamento. C’è troppa ignoranza, troppe illusioni: più pretese che doveri. In troppi ristagnano in una intelligenza poco creativa, relegata alla crescita lineare. La complessità dei tempi scoraggia e disorienta, esige che non si finisca mai di apprendere e aggiornarsi, guardando lontano con umiltà e coraggio.
Il progresso tecnologico e l’evoluzione sociale globalizzata hanno reso gli adulti per lo più incapaci di indicare le strade ai figli e aiutarli a percorrerle. Adulti che non sanno insegnare, giovani che non sanno imparare. Le colpe si intrecciano qui, creando un baratro che va colmato in fretta, con una combinazione avvincente tra pubblico e privato.