
I Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente hanno redatto un documento con l’obiettivo di fornire un inquadramento generale dell’EC nonché di definire il posizionamento strategico del nostro Paese sul tema, in continuità con gli impegni adottati nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, in sede G7 e nell’Unione Europea.
Tale documento costituisce un tassello importante per l’attuazione della più ampia Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, contribuendo in particolare alla definizione degli obiettivi dell’uso efficiente delle risorse e dei modelli di produzione e consumo sostenibile. Spetta a tutte le attività produttive il compito primario di creare i presupposti per l’affermazione e lo sviluppo dell’EC.
Infatti spiegare le modalità di consumo e concepire imballaggi differenziabili significa dare importanza al ruolo del Consumatore, consentendo fruizioni consapevoli e contrasti allo spreco. Ogni attività deve lavorare affinché il prodotto-servizio si azzeri al fine vita. Questo dovrà essere un alert per i Consumatori al momento della scelta.
I concetti essenziali del documento si basano sul principio che la transizione verso un’EC richiede un cambiamento strutturale e l’innovazione è il cardine di questo cambiamento.
La trasformazione digitale del sistema produttivo e le tecnologie abilitanti “Industria 4.0” offrono già oggi soluzioni per rendere possibili e persino efficienti produzioni più sostenibili e circolari.
Per ripensare i nostri modi di produzione e consumo, sviluppare nuovi modelli di business e trasformare i rifiuti in risorse di valore, abbiamo bisogno di tecnologie, processi, servizi e modelli imprenditoriali creativi che plasmino il futuro della nostra economia e della nostra Società. Nel corso degli ultimi 40 anni, l’analisi del modello economico circolare si è molto evoluta.
Attualmente temi quali l’approvvigionamento sostenibile delle materie prime, i processi produttivi e la progettazione ecologica, l’adozione di modelli di distribuzione e consumo più sostenibili, lo sviluppo dei mercati delle materie prime secondarie, sono divenuti elementi chiave del concetto di EC, anche se ancora lontani dalla logica di massa.
Passare dall’attuale modello di economia lineare a quello circolare richiede un ripensamento delle strategie e dei modelli di mercato per salvaguardare la competitività dei settori industriali e il patrimonio delle risorse naturali.
Un modello di EC coinvolge le abitudini dei Consumatori, si pone come regolatore dei processi produttivi delle grandi Imprese; è in grado di creare nuovi posti di lavoro e al tempo stesso ridurre notevolmente la domanda di materie prime vergini.
Nel prossimo futuro bisognerà ideare e sviluppare sistemi più efficienti di rigenerazione, riuso e riparazione dei beni, facilitando la manutenzione dei prodotti e aumentandone la durata di vita.
Gli operatori, quindi, dovranno concepire i propri prodotti con la consapevolezza che questi, una volta utilizzati, possono anche essere riparati e riutilizzati con facilità.
Dovranno avere vantaggio le riaperture diffuse di calzolai, sarte, officine elettrotecniche, restauratori non solo di antichità, botteghe di seconda mano.
Il cambiamento deve altresì passare attraverso una revisione normativa che ne semplifichi l’attuazione e ne migliori la coerenza; che renda strutturale la collaborazione tra tutti gli attori dell’EC (Pubbliche Amministrazioni, Imprese, Consumatori, Istituti di ricerca scientifica e tecnologica); che favorisca l’innovazione e il trasferimento di tecnologie e la competitività dei settori industriali.
L’avvio di una transizione verso l’EC rappresenta un input strategico di grande rilevanza con il passaggio da una necessità (l’efficienza nell’uso delle risorse, la gestione razionale dei rifiuti) ad una opportunità, ovvero progettare i prodotti in modo tale da utilizzare ciò che adesso è destinato ad essere rifiuto come risorsa per un nuovo ciclo produttivo.
L’Italia, paese povero di materie prime, ma tecnologicamente avanzato per la salvaguardia delle risorse naturali e da sempre abituato a competere grazie ad innovazione e riutilizzo, deve necessariamente muoversi in una visione europea di transizione verso un’EC, sfruttare le opportunità e farsi promotrice di iniziative concrete, essere driver di cambiamento.
Puntare sull’EC vuol dire stimolare la creatività delle PMI italiane in funzione della valorizzazione economica del riuso di materiali.
Investire in ricerca e sviluppo, facendo sistema, rappresenta una possibilità concreta per le nostre PMI, soprattutto manifatturiere; di ripensare e modificare il proprio modello produttivo per consolidare la propria presenza nelle catene globali del valore.
La creazione di un’EC diffusa sul territorio nazionale consente, altresì, di trasformare una serie di problematiche proprie del sistema produttivo nazionale in delle opportunità.
In primis, è richiesta un’informazione più trasparente ed esaustiva relativa ai processi produttivi (uso di risorse, quantità e qualità del materiale riciclato adoperato o non avviato a discarica, ecc.) che contribuisca da una parte a ridurre i fenomeni illeciti sia in fase di produzione che di smaltimento dei rifiuti, dall’altra consenta alle Imprese virtuose di veder premiata dai Consumatori, sempre più attenti e consapevoli, la qualità delle loro produzioni grazie alla loro tracciabilità prima e circolarità dopo.
Inoltre, per un Sistema Paese come quello italiano povero di risorse, utilizzare (e riutilizzare) materiale riciclato generato internamente permette di essere meno dipendenti dall’approvvigionamento estero, con annessa minore vulnerabilità alla volatilità dei prezzi, specie in un momento di grande instabilità nei Paesi che hanno le maggiori dotazioni di tali risorse.
Lo sviluppo dell’EC deve riguardare tanto il miglioramento dell’efficienza nelle produzioni, quanto il cambiamento dei modelli di consumo. È quindi necessario intervenire sulle tipologie e modalità di consumo e sui comportamenti dei Consumatori, anche affrontando questioni generali come il concetto di benessere, i modelli culturali, l’etica.
La modifica dei comportamenti e delle scelte personali è un tema molto difficile da affrontare, perché ha a che fare con una molteplicità di sensibilità, bisogni, esigenze e desideri, priorità, abitudini, luoghi di vita, storie personali.
Tuttavia, non si può prescindere dalla necessità di fare acquisire maggiore consapevolezza alle persone affinché possano meglio comprendere le ricadute che una determinata scelta di acquisto o determinati comportamenti provocano sull’ambiente e sull’economia.
Pertanto, è necessario elaborare un “Piano nazionale di educazione e comunicazione ambientale”, declinato localmente che, partendo dalle scuole dell’obbligo fino ad arrivare alle famiglie, contribuisca a formare una generazione di Cittadini critici, consapevoli e informati in grado di decidere consapevolmente e incidere con le loro scelte sui vari meccanismi economico-produttivi e sociali del Paese.
Il 18 aprile 2018 il Parlamento Europeo ha approvato il pacchetto normativo sull’EC: quattro direttive incentrate sul recupero dei materiali, la gestione degli scarti, l’inquinamento e lo spreco alimentare. Gli obiettivi della normativa guardano a una crescita sostenibile e prevedono, per le Imprese, un risparmio di 600miliardi all’anno, 140mila nuovi posti di lavoro e un taglio di 617milioni di tonnellate di CO2 entro il 2035.
I Governi dovranno, prioritariamente, prevenire la creazione dei rifiuti; a seguire, privilegiarne riparazione e riciclo, poi destinarli al recupero energetico attraverso i termovalorizzatori e in ultimo prevedere la discarica; l’intento è, infatti, far scendere la quota di rifiuti da smaltire in discarica al 10% entro il 2035 (oggi l’Italia viaggia intorno al 28%). Per questa ragione diventerà obbligatorio in tutta Europa, come già in Italia, per i produttori di imballaggi dare vita a consorzi che si occuperanno di riciclarli.
Inoltre:
• Tutti i governi europei dovranno ridurre lo spreco alimentare del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030 (lo stesso proposito si estende ai rifiuti marini);
• I rifiuti riciclati dovranno essere il 55% nel 2025, il 60% nel 2030 e il 65% nel 2035;
• I rifiuti da imballaggi dovranno essere riciclati per il 65% entro il 2025 e per 70% entro il 2030 con alcuni sottotarget, come quello di plastica (50% e 55%), vetro (70% e 75%) o carta (75% e 85%);
• La generazione di rifiuti marini dovrà essere ridotta in modo significativo fino ad essere eliminata;
• Ci sarà l’obbligo di raccolta separata dei rifiuti organici, come cibo e piante.
Visto che tutte le attività economiche sono misurabili, occorre, per permettere di valutarle con certezza, rendicontare i risultati ottenuti attraverso un Bilancio (efficienza o inefficienza); anche tutte le azioni di EC dovranno essere necessariamente misurabili e descritte in modo chiaro per evitarne l’inefficacia.
Chiara incertezza tuttora sussiste per la determinazione del EoW – End of Waste (cessazione della qualifica di rifiuto), la determinazione di quando e come un rifiuto diventa materia prima secondaria e/o materia secondaria, in pratica il processo di recupero eseguito su un rifiuto, al termine del quale esso perde tale qualifica per acquisire quella di prodotto.
L’Ue ha definito quando un rifiuto cessa di essere tale; quando è utilizzato comunemente per funzioni conosciute e definite; quando ha utilità e, quindi, mercato; quando ha standard riconoscibili e tecniche pari ai prodotti specifici; quando rispetta le normative di riferimento e, quindi, non ha impatti negativi sull’ambiente o sulla salute umana. In definitiva quando ha valore alternativo ad una materia prima e viene di conseguenza recuperato per essere certamente utilizzato in modo da escluderne l’abbandono o lo smaltimento illegale.
Il Ministero dell’Ambiente, a cui spetta la regolamentazione in materia, non ha ancora emanato la norma sull’EoW avendo ulteriormente bisogno di approfondimenti parlamentari. Alla base della affermazione dell’EC sta il principio che l’adeguamento normativo deve assecondare in maniera attenta, competente e costruttiva l’evoluzione tecnologica di riferimento con tempi adeguati e metodi coerenti.
È necessario definire precisi riferimenti di misurabilità dell’EC, altrimenti sarebbe alquanto difficile (se non impossibile), ottenere dei riscontri in termini di risultati dalle azioni perseguite o da perseguire e, di conseguenza, valutare i benefici in termini economici e di salvaguardia delle risorse.
Misurare la circolarità è essenziale per dare concretezza e riferimenti univoci alle azioni perseguite o da perseguire: è fondamentale ottenere un riscontro che dimostri molto chiaramente i risultati ottenuti in termini di Sostenibilità economica ed ambientale nella gestione delle risorse.
È necessario individuare un insieme di parametri che permettano di quantificare la circolarità di prodotti, servizi, organizzazioni, in base ai benefici che generano sia in termini di riduzione delle risorse non rinnovabili impiegate, sia in termini di risorse rinnovabili utilizzate.
Altri fattori possono essere d’aiuto per un mutamento critico del pensiero (da “Consumatore” a “utilizzatore”, da “proprietario” a “condividente”) e per generare una maggiore domanda di servizi legati al noleggio, alla condivisione, allo scambio, alla riparazione e alla ricostruzione di prodotti.
La transizione verso un’EC sposta l’attenzione sul riutilizzare, aggiustare, rinnovare e riciclare i materiali e i prodotti esistenti. Quel che normalmente si considerava come rifiuto può essere trasformato in una risorsa.
Compiere scelte sostenibili dovrebbe diventare più facile (più accessibile, allettante e
utile) per tutti i Consumatori.
Per questo stiamo lavorando per determinare appositi indicatori di ECODESIGN RESPECT per le Imprese che si impegnano a rendere i loro prodotti (come alcuni servizi) conformi alle esigenze dell’EC ottimizzandone la separabilità del recupero differenziato ovvero predisponendo il vantaggio per il riutilizzo o la rigenerazione.
Il Catalogo dei SAF – Sussidi Ambientalmente Favorevoli e dei SAD – Sussidi Ambientalmente Dannosi, redatto dal Ministero dell’Ambiente nel 2016, rientra in uno sforzo generale del Paese per l’analisi e la valutazione dell’erosione fiscale, delle spese fiscali, delle agevolazioni e incentivi esistenti; uno sforzo necessario per il disegno di politiche ambientali ed economiche ambiziose ed efficienti. Si affianca ai tentativi di riforma per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, ai decreti e alle attività che ne sono derivati.
Il SAD aumenta i livelli di produzione tramite il maggior utilizzo della risorsa naturale con un conseguente aumento del livello dei rifiuti, dell’inquinamento e dello sfruttamento della risorsa naturale, anche in danno della biodiversità.
Si tratta prima di tutto di identificare i sussidi, di capirne struttura e obiettivi, di riesaminarne la validità, l’efficacia e l’efficienza, spesso numerosi anni dopo la loro introduzione. In non pochi casi, si tratta di situazioni di privilegio che non hanno più ragione di esistere. Non pochi sussidi hanno tuttavia valide motivazioni economiche e sociali.
Ma andranno rivisti affinché non siano ragione di effetti ambientali negativi.
È infatti difficilmente comprensibile per l’opinione pubblica, per i Cittadini, per la comunità scientifica, per gli esperti delle organizzazioni ambientaliste, come delle Imprese, che si utilizzino fondi dello Stato (attraverso spese dirette) o che si rinunci a fondi dello Stato (attraverso spese fiscali, vale a dire agevolazioni, esenzioni o riduzioni) per incoraggiare attività economiche, che abbiano un impatto negativo per l’ambiente.
Occorre tagliare ed eliminare i sussidi ambientalmente dannosi, per ragioni ecologiche (non distruggere il capitale naturale, base insostituibile del nostro sistema economico), ma anche per ragioni economiche (competitività internazionale e concorrenza).
Si tratta di lavorare per un’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi progressiva nei tempi, ma certa nei modi. Si tratta di dare tempo a Cittadini e Produttori di riorientare le proprie scelte di consumo e investimento. Resterebbero risorse per una significativa riduzione delle imposte sulle Imprese e sul lavoro.
Si tratta anche di continuare a migliorare l’efficacia e l’efficienza dei sussidi ambientalmente favorevoli, a cui sono stati dedicati, almeno nel caso delle fonti di energia rinnovabile, fondi sostanziosi. Occorre tuttavia che si dia stabilità e certezza nel tempo agli incentivi, orientando i fondi al finanziamento dell’innovazione tecnologica ambientalmente sostenibile.
Il Catalogo dei sussidi si pone come utile strumento:
a) Per individuare l’area di intervento per una possibile riforma della fiscalità generale, in applicazione del PPP (il principio chi inquina paga) che migliori il funzionamento del mercato.
b) Per individuare misure che contribuiscano a una riforma fiscale ambientale (riduzione della pressione fiscale che grava sul fattore produttivo lavoro e sulle Imprese con il contestuale recupero di gettito mediante forme di fiscalità ambientale che colpiscano consumi e produzioni dannosi per l’ambiente).
c) E, soprattutto, volto a individuare aree di riduzione delle spese fiscali in generale.
Ci auguriamo che il Catalogo possa contribuire ad aiutare Parlamento e Governo, con il consenso convinto di Produttori e Consumatori, ad avviare un processo progressivo, ma rapido e certo, di eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, così come ci richiede la comunità scientifica e la comunità internazionale