L’Economia Circolare – EC rappresenta la madre del nuovo paradigma di produrre e consumare in maniera sostenibile; tutti i beni prodotti dovrebbero essere utilizzati in modo tale da poter essere riciclati indefinitamente finché non si degradano (come teoricamente avviene in natura).
Produrre e consumare in maniera sostenibile significa intraprendere un percorso complesso, lungo e difficile, perché occorre lavorare con due innovazioni che ancora non sono compiutamente affermate: culturale e tecnologica. L’innovazione culturale deve rivedere gli usi di consumo e quella tecnologica i metodi di produzione.
Affinché ciò avvenga occorre un concreto stimolo pubblico perché il vantaggio che apporta l’EC, in particolare quello economico, non è immediato e riguarda più la collettività che il singolo; inoltre deve essere adottato un impegno divulgativo efficace, unito a un assetto normativo chiaro e premiante, affinché gli scarti, che possono diventare materie prime secondarie, risultino appetibili e agevolmente trattabili.
Occorre che le capacità di riciclo siano connesse a quelle di riparazione, rigenerazione, riutilizzo, riconversione; tecnicamente previste al momento della progettazione, prima, e della produzione, dopo; le tecnologie sono da mettere a punto in maniera specifica; il buon senso impone che ogni circolarità rispetti il risparmio energetico, eviti l’inquinamento, tuteli la sicurezza.
ConsumerLab lavora per spiegare, in ottica consumeristica, la rivoluzione per produrre e consumare in maniera sostenibile.
Tutti sono stati concordi nel mettere al primo posto, per la migliore promozione e la veloce affermazione della cultura della Sostenibilità e dell’Economia Circolare, l’impegno ad affermare la conoscenza e le buone pratiche presso i Consumatori.
Eppure, nei fatti, la comunicazione capillare e concreta, capace di cambiare le cose, non è orientata ai Consumatori, non è pensata ed elaborata per loro.
L’impegno di Consumerlab sul tema è ormai inderogabile; va organizzato a sistema con le più significative rappresentanze per concretizzare potere contrattuale con cui raggiungere la necessaria efficacia e la dovuta incisività.
L’Economia Circolare è il pilastro della Sostenibilità; i Consumatori cominciano a scegliere con attenzione Imprese che rispettano l’Ecodesign.
L’Ecodesign è il pilastro dell’Economia Circolare.
Per affermare concretamente i principi e l’implementazione di politiche economiche sostenibili, un ruolo determinate, fin’ora poco attuato, spetta ai Consumatori affinché diventino attori principali del sistema economico, degli sviluppi normativi, delle scelte consapevoli, superando il privilegio concesso (per disattenzione) alle attività produttive.
Oltre cinquanta anni fa il Club di Roma (un’associazione di scienziati, umanisti e imprenditori uniti nella preoccupazione per le sorti del pianeta viziato dal consumismo) teorizzò i limiti dello sviluppo, aprendo la strada all’economia sostenibile in generale e all’economia circolare in particolare.
La grande ambizione dell’umanità dovrebbe essere quella di puntare a uno sviluppo mondiale inclusivo e prospero all’interno di un sistema terrestre stabile e resiliente. Per questo occorre raggiungere il maggior numero possibile di SDGs entro il 2030, e quindi continuare a seguire una traiettoria globale sostenibile ben oltre i prossimi anni.
Purtroppo, per ora, la teoria e le conferenze prevalgono sulla pratica attuazione. Siamo indietro, l’economia consumista, l’economia del cieco PIL, resiste, non avendo vantaggi nel breve periodo dall’affermazione dell’EC.
Fatto certo è che la Ricerca porta Innovazione; l’Innovazione aumenta la Produttività, quindi la Competitività; essere competitivi ottimizza le possibilità di Crescita e Sviluppo.
In generale l’Italia investe in Ricerca 1,25% del PIL rispetto alla media UE del 2%; la Germania spende quasi il triplo dell’Italia (3,2% del PIL), la Corea del Sud più del triplo (4,5% del PIL). Anche sul fronte dei ricercatori l’Italia sta in coda con 4,9 unità ogni mille lavoratori, meno della metà dei Paesi OCSE (8,2), ancora meno della Germania (9) e della Francia (10); i nostri poi sono demotivati da stipendi bassi, precarietà e carenza di merito. I migliori se ne vanno dove trovano condizioni migliori. Possiamo capire perché l’Italia non cresce e ristagna, senza ricerca non c’è resilienza rispetto alle fasi economiche avverse.
Anche le Imprese, la maggioranze delle Imprese, hanno le loro responsabilità quando non investono abbastanza in Ricerca e propongono modelli di consumo che generano aspettative effimere e illusorie, se non fallaci, inadeguate a garantire benessere reale nel tempo. Il manifatturiero del futuro sarà dominato dall’informatica, dai nuovi materiali, dalle nano tecnologie, dalle batterie e dagli accumulatori; soprattutto in questi comparti abbiamo la necessità di innovare.
Le Imprese italiane hanno, in gran parte, sostanzialmente preferito intervenire più sui processi che sui prodotti, limitando le attività a bassa intensità R&S, in settori maturi; così come la spesa pubblica, che dal 2008 al 2016 ha contratto gli stanziamenti del 20% trascurando anche l’Università a cui li ha ridotti del 14%. Carente in maniera grave la domanda pubblica che privilegi e sostenga la ricerca e gli investimenti innovativi delle Imprese in settori chiave.
Dai nostri brevetti, che non sono pochi, concretizziamo introiti irrisori; analogamente la produttività scientifica (articoli e citazioni) raccoglie finanziamenti inferiori alla media; le nostre competenze non vengono opportunamente valorizzate.
La carenza di investimenti in R&S determina una ridotta domanda di profili qualificati e una loro bassa remunerazione. Negli ultimi anni molte Imprese hanno realizzato investimenti limitati in tecnologie innovative perché richiedono tempi lunghi di conversione al profitto.
Effetto collaterale è il tasso di laureati pari alla metà della media europea; più la distorsione di troppi laureati in settori non necessari.
Pubblico e Privato a braccetto nell’indifferenza verso le leve per la crescita.
In questo quadro negativo e pessimista non rientra l’EC, fortunatamente all’avanguardia tecnologica.
La carenza di materie prime ci ha obbligato a risparmiare e riciclare.
Dobbiamo partire da qui, non perdere la supremazia, diventare piuttosto leader incontrastati eliminando ostacoli, lacci e lacciuoli.
Ultima considerazione, molto significativa. L’EC apporta coesione sociale e migliora il senso civico; infatti si colloca nella vita quotidiana, stimola la voglia di riscatto individuale dal degrado sociale, trova partecipazione attiva dei giovani, funziona se tutti collaborano costruttivamente e positivamente; l’esempio migliore contagia gli altri perché l’effetto concreto, anche se non prossimo, è già visibile e piace.