Un altro caso in cui la magistratura assume il ruolo di decidere su questioni e situazioni che invece spetterebbero alla politica. L’epidemia Covid-19 ha creato un evidente emergenza che ha stravolto una parte consistente dell’economia. Fermiamoci alle locazioni di immobili produttivi, più specificatamente commerciali. Un’attività produttiva prende in locazione, quando c’è una situazione normale, un locale. Se per cause improvvise, imprevedibili ed estranee al conduttore non permangono più le stesse le condizioni operative e, quindi, è degradato il valore del locale, il relativo canone dovrebbe essere ridotto. Questa la logica.
Bastava una norma transitoria per definire questa nuova realtà e rendere automaticamente possibile equilibrare i diritti e le aspettative di entrami le parti, conduttore e locatore. C’è voluta un’ordinanza del Tribunale Civile di Roma per riconoscere lo stravolgimento economico causato dal Coronavirus e stabilire una riduzione del canone (40% per i mesi stretti di lockdown, 20% per i dieci mesi successivi) per un locale adibito a ristorazione, chiuso per mesi e riaperto con un crollo verticale del fatturato. L’ordinanza stabilisce anche la sospensione della garanzia fideiussoria che potrebbe essere escussa.
Ci sono decine, forse centinaia, di migliaia di casi analoghi. Se non ci sarà un chiarimento con forza di legge, avremo una valanga di ricorsi in Tribunale: ogni giudice potrebbe decidere a modo suo, creando confusione e disuguaglianze perverse tra situazioni omogenee. Non serve alla ripresa economica un clima di tensione sul mercato immobiliare, inoltre il mancato chiarimento normativo ingolferebbe i Tribunali, aggraverebbe il cronico inaccettabile ritardo, ulteriormente appesantito della sospensione per il lockdown, con cui arrivano le sentenze.