Tutte le Imprese del Sistema Italia, dovranno avviare un percorso per la valutazione della propria circolarità e dei propri prodotti e/o servizi; quindi cominciare a ragionare sulla circolarità a livello di Sistema Paese, in scala regionale, locale, di filiera, insomma a tutto campo.
Per le Imprese e per il sistema produttivo, ma anche per il Sistema Paese, l’EC è una opportunità per essere maggiormente competitivi anche attraverso un uso più efficiente delle risorse.
La transizione verso un’economia efficiente nell’uso delle risorse, resiliente ai cambiamenti climatici, costituisce oggi la più importante sfida a livello mondiale per raggiungere una crescita sostenibile ed inclusiva.
Il Ministero dell’Ambiente, con un’azione efficace e incisiva, partecipa attivamente alla preparazione, a livello nazionale, europeo e internazionale, del pacchetto per l’EC che riguarda l’efficienza delle risorse e la gestione dei rifiuti al fine di concordare un appello comune per il coinvolgimento urgente degli Stati membri nel processo preparatorio.
Nel maggio 2018 il Ministero dell’Ambiente, ha firmato la carta per l’adesione alla Piattaforma italiana degli stakeholder per l’EC (Italian Circular Economy Stakeholder Platform – ICESP).
A supporto delle strategie per il Piano di azione sull’EC e dei futuri finanziamenti sul tema, la Commissione Europea ha lanciato due iniziative di approfondimento e di consultazione degli stakeholder, tra cui la Piattaforma Europea degli stakeholder sull’EC European Circular Economy Stakeholder Platform – ECESP.
ENEA, in qualità di rappresentante italiano per ECESP, ha promosso la realizzazione di una interfaccia nazionale ICESP che si configura come una piattaforma di convergenza e confronto delle varie iniziative in corso in Italia per rappresentare in Europa, in maniera coordinata e coerente, the italian way for circular economy.
Per promuovere l’Ecodesign di prodotti, processi, servizi, cioè la progettazione innovativa, deve essere sviluppata la ricerca per allungare il ciclo di vita dei prodotti della durabilità, riciclabilità, riparabilità, recuperabilità fino al trattamento e alla corretta gestione del fine vita.
La quarta rivoluzione industriale, cosiddetta “Industria 4.0”, grazie alla diffusione delle tecnologie digitali, sta trasformando profondamente il comparto industriale e i meccanismi attraverso cui ha storicamente prodotto valore, innovazione, occupazione e benessere. Grazie all’accresciuta capacità di interconnettere e far cooperare le risorse produttive (asset fisici, persone e informazioni, sia all’interno della fabbrica sia lungo la catena del valore), le tecnologie digitali non solo possono aumentare competitività ed efficienza, ma fanno da leva all’introduzione di nuovi modelli di business, fino a superare la tradizionale distinzione tra prodotto, processo produttivo e servizio.
La digitalizzazione sarà un fattore abilitante anche per la transizione verso il modello di EC.
La connessione dei prodotti e delle fabbriche, della catena del valore e degli utenti consentirà di progettare il ciclo di fabbricazione del prodotto assieme a quello del suo utilizzo e del suo riutilizzo in una logica di Sostenibilità nel Territorio, nella Società, nel Mercato. A livello aziendale, sarà possibile ottimizzare il consumo di risorse, ridurre gli sprechi energetici e gli scarti generati nel processo di produzione; la gestione del magazzino sarà resa più efficiente collegando richieste provenienti dalla produzione e dall’approvvigionamento.
L’impatto si estende oltre la dimensione aziendale. Riguarderà l’intero sistema produttivo, andando ad abilitare la progettazione e la gestione di filiere integrate di produzione e de-produzione, rendendo possibile anche la simbiosi industriale.
La cultura del Consumatore deve radicarsi nella consapevolezza che la materia seconda abbia qualità compatibili con quella prima, che l’EC circolare comporti vantaggi economici e sociali oltre che ambientali e che giovi al contrasto della gestione criminale delle discariche, in particolare quando abusive; che i prodotti che utilizzano materie prime secondarie sono più “cool & fashion”.
Si tratta di avviare una giusta transizione per aprire le porte ad una vera e propria rivoluzione industriale (chiamiamola 4.0 bis) che metta in pratica, con una visione di lungo termine, un modello economico che coinvolga tutta la filiera a 360°, dal Produttore al Consumatore, concretizzata dalla realizzazione dei necessari impianti, sostenuta dalla partecipazione economica e la normazione adeguata della Pubblica Amministrazione, cominciando dall’Iva ridotta sulla vendita di prodotti rigenerati, riciclati o usati.
Consumare meno, consumare meglio; consumare le risorse che si rigenerano in natura; risparmiare o recuperare le risorse destinate ad esaurirsi; riconvertire, insieme ai sistemi di produzione e consumo delle risorse materiali anche quelle immateriali, vale a dire le risorse umane e le abitudini influenzate dalle mode consumiste, animate da cieco egoismo.
Basterebbe applicare il principio che le materie prime vanno tassate più di quelle seconde, tassare l’inquinamento più del lavoro, facilitare e premiare comportamenti virtuosi per avere un risultato immediato; basterebbe evidenziare che i costi di gestione di una discarica, oltre al carico d’inquinamento che comporta, potrebbero diventare investimenti per la qualità della vita e l’occupazione se investiti nella filiera dell’EC.
L’esempio del successo conseguito dalle energie rinnovabili, pur nella mancanza di coerenza e continuità da parte della legislazione, è una traccia da seguire.
La transizione economica va appaiata alla transizione sociale, ai nuovi mestieri e alla formazione di nuove competenze che l’evoluzione tecnologica richiede con una velocità crescente. Un terzo dei posti di lavoro andrà perduto senza la dovuta riconversione.
I principi dell’EC vanno quindi applicati tanto alle attività materiali quanto a quelle immateriali. Le spese di formazione, legate all’ecodesign e alla comunicazione per favorire comportamenti consapevoli nel mercato, dovranno essere classificate come investimenti, quindi come patrimonio, con una fiscalità diversa; la circolarità delle persone, aggiornate nelle competenze, deve correre in parallelo alla circolarità dei beni.
I Bilanci di Sostenibilità delle Imprese dovranno evidenziare, misurare e riclassificare queste spese che passano come investimenti. Su questi dati verranno costruiti gli indicatori di prestazione con cui classificare le Imprese più virtuose, evidenziando L’Ecodesign Respect.
Questo indicatore si appaia all’altro, di più ampio raggio, Future Respect, da riconoscere a quelle Imprese che, attraverso la redazione di un Bilancio di Sostenibilità, evidenziano con chiarezza e semplicità la loro attenzione concreta verso il Territorio, la Società e il Mercato, sacrificando parte del profitto a vantaggio del bene comune e dell’interesse generale.
La misurazione della circolarità costituisce un requisito essenziale per il perseguimento di azioni concrete e il raggiungimento di risultati misurabili, al fine di tendere a una maggiore trasparenza per il mercato e per il Consumatore.
La misurazione della circolarità delle attività economiche e delle azioni da loro intraprese permette di valutarne con certezza le prestazioni attraverso bilanci standardizzati e verificabili.
Pertanto è necessario definire precisi riferimenti di misurabilità dell’EC.
L’economia determina il funzionamento del mercato; è, quindi, essenziale che l’EC prenda a riferimento le stesse regole. Che sia un Paese, una regione, una città, un prodotto o un servizio, una risorsa materica, idrica o energetica, attraverso strumenti e indicatori di tipo economico è possibile valutare il loro grado di circolarità e misurare la parte fisica dell’EC, cioè i flussi di materia ed energia, relativi al dato sistema economico o prodotto o servizio.
Ripetiamo che la Ricerca per l’Innovazione è fondamentale per consentire all’EC di mantenere e anche aumentare il vantaggio competitivo conquistato dall’industria italiana negli anni; per assumere fisionomie con cui affermarsi presso i Consumatori, le tecnologie generate devono essere positive e accessibili.
Le tecnologie sono accessibili quando chi ne fruisce ha consapevolezza del vantaggio apportato.
Le tecnologie sono positive quando non emarginano l’uomo ma ne potenziano le capacità.
Il digitale non è più un obiettivo ma una base di partenza per essere competitivi, capaci di adottare le tecnologie che vengono sviluppate di continuo e qualificare le esperienze di consumo personalizzate con una matrice di sostenibilità.
La nuove tecnologie sono in particolare la blockchain (tracciabilità produttiva), l’intelligenza artificiale (analisi predittive) e i computer quantici (capacità elaborative) con cui confermare le proprie eccellenze e concretizzare vantaggi con cui emergere nel mercato e legarsi con l’interazione alle singolarità profilate dalla digitalizzazione delle relazioni commerciali.
La governance sostenibile garantisce fiducia, affidabilità, etica e legalità, oltre al rispetto del territorio e della società, adottando le tecnologie con responsabilità e misura, distinguendo quello utile da quello invasivo, evitando quello distorsivo.
La governance sostenibile produce resilienza per assorbire e reagire agli imprevisti che minacciano l’equilibrio dell’attività, oggi immersa in uno scenario dalle mutazioni veloci e inimmaginabili; questa resilienza è anche impegnata nella attenzione verso l’eventuale supremazia tecnologica rispetto a quella umana; quindi è ostacolo alla tentazione di sopraffare il consumatore, ignaro delle conseguenze che il differenziale di potenzialità accumulato dalla disparità raggiunta con le tecnologie può generare; in pratica limitandone la libertà di scelta.
I Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente hanno redatto un documento con l’obiettivo di fornire un inquadramento generale dell’EC nonché di definire il posizionamento strategico del nostro Paese sul tema, in continuità con gli impegni adottati nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, in sede G7 e nell’Unione Europea.
Tale documento costituisce un tassello importante per l’attuazione della più ampia Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, contribuendo in particolare alla definizione degli obiettivi dell’uso efficiente delle risorse e dei modelli di produzione e consumo sostenibile. Spetta a tutte le attività produttive il compito primario di creare i presupposti per l’affermazione e lo sviluppo dell’EC.
Infatti spiegare le modalità di consumo e concepire imballaggi differenziabili significa dare importanza al ruolo del Consumatore, consentendo fruizioni consapevoli e contrasti allo spreco. Ogni attività deve lavorare affinché il prodotto-servizio si azzeri al fine vita. Questo dovrà essere un alert per i Consumatori al momento della scelta.
I concetti essenziali del documento si basano sul principio che la transizione verso un’EC richiede un cambiamento strutturale e l’innovazione è il cardine di questo cambiamento.
La trasformazione digitale del sistema produttivo e le tecnologie abilitanti “Industria 4.0” offrono già oggi soluzioni per rendere possibili e persino efficienti produzioni più sostenibili e circolari.
Per ripensare i nostri modi di produzione e consumo, sviluppare nuovi modelli di business e trasformare i rifiuti in risorse di valore, abbiamo bisogno di tecnologie, processi, servizi e modelli imprenditoriali creativi che plasmino il futuro della nostra economia e della nostra Società. Nel corso degli ultimi 40 anni, l’analisi del modello economico circolare si è molto evoluta.
Attualmente temi quali l’approvvigionamento sostenibile delle materie prime, i processi produttivi e la progettazione ecologica, l’adozione di modelli di distribuzione e consumo più sostenibili, lo sviluppo dei mercati delle materie prime secondarie, sono divenuti elementi chiave del concetto di EC, anche se ancora lontani dalla logica di massa. Passare dall’attuale modello di economia lineare a quello circolare richiede un ripensamento delle strategie e dei modelli di mercato per salvaguardare la competitività dei settori industriali e il patrimonio delle risorse naturali.
Un modello di EC coinvolge le abitudini dei Consumatori, si pone come regolatore dei processi produttivi delle grandi Imprese; è in grado di creare nuovi posti di lavoro e al tempo stesso ridurre notevolmente la domanda di materie prime vergini.
Nel prossimo futuro bisognerà ideare e sviluppare sistemi più efficienti di rigenerazione, riuso e riparazione dei beni, facilitando la manutenzione dei prodotti e aumentandone la durata di vita.
Gli operatori, quindi, dovranno concepire i propri prodotti con la consapevolezza che questi, una volta utilizzati, possono anche essere riparati e riutilizzati con facilità.
Dovranno avere vantaggio le riaperture diffuse di calzolai, sarte, officine elettrotecniche, restauratori non solo di antichità, botteghe di seconda mano.
Il cambiamento deve altresì passare attraverso una revisione normativa che ne semplifichi l’attuazione e ne migliori la coerenza; che renda strutturale la collaborazione tra tutti gli attori dell’EC (Pubbliche Amministrazioni, Imprese, Consumatori, Istituti di ricerca scientifica e tecnologica); che favorisca l’innovazione e il trasferimento di tecnologie e la competitività dei settori industriali.
L’avvio di una transizione verso l’EC rappresenta un input strategico di grande rilevanza con il passaggio da una necessità (l’efficienza nell’uso delle risorse, la gestione razionale dei rifiuti) ad una opportunità, ovvero progettare i prodotti in modo tale da utilizzare ciò che adesso è destinato ad essere rifiuto come risorsa per un nuovo ciclo produttivo.
L’Italia, paese povero di materie prime, ma tecnologicamente avanzato per la salvaguardia delle risorse naturali e da sempre abituato a competere grazie ad innovazione e riutilizzo, deve necessariamente muoversi in una visione europea di transizione verso un’EC, sfruttare le opportunità e farsi promotrice di iniziative concrete, essere driver di cambiamento.
Puntare sull’EC vuol dire stimolare la creatività delle PMI italiane in funzione della valorizzazione economica del riuso di materiali.
Investire in ricerca e sviluppo, facendo sistema, rappresenta una possibilità concreta per le nostre PMI, soprattutto manifatturiere; di ripensare e modificare il proprio modello produttivo per consolidare la propria presenza nelle catene globali del valore.
La creazione di un’EC diffusa sul territorio nazionale consente, altresì, di trasformare una serie di problematiche proprie del sistema produttivo nazionale in delle opportunità.
In primis, è richiesta un’informazione più trasparente ed esaustiva relativa ai processi produttivi (uso di risorse, quantità e qualità del materiale riciclato adoperato o non avviato a discarica, ecc.) che contribuisca da una parte a ridurre i fenomeni illeciti sia in fase di produzione che di smaltimento dei rifiuti, dall’altra consenta alle Imprese virtuose di veder premiata dai Consumatori, sempre più attenti e consapevoli, la qualità delle loro produzioni grazie alla loro tracciabilità prima e circolarità dopo.
Inoltre, per un Sistema Paese come quello italiano povero di risorse, utilizzare (e riutilizzare) materiale riciclato generato internamente permette di essere meno dipendenti dall’approvvigionamento estero, con annessa minore vulnerabilità alla volatilità dei prezzi, specie in un momento di grande instabilità nei Paesi che hanno le maggiori dotazioni di tali risorse.
Lo sviluppo dell’EC deve riguardare tanto il miglioramento dell’efficienza nelle produzioni, quanto il cambiamento dei modelli di consumo. È quindi necessario intervenire sulle tipologie e modalità di consumo e sui comportamenti dei Consumatori, anche affrontando questioni generali come il concetto di benessere, i modelli culturali, l’etica.
La modifica dei comportamenti e delle scelte personali è un tema molto difficile da affrontare, perché ha a che fare con una molteplicità di sensibilità, bisogni, esigenze e desideri, priorità, abitudini, luoghi di vita, storie personali.
Tuttavia, non si può prescindere dalla necessità di fare acquisire maggiore consapevolezza alle persone affinché possano meglio comprendere le ricadute che una determinata scelta di acquisto o determinati comportamenti provocano sull’ambiente e sull’economia.
Pertanto, è necessario elaborare un “Piano nazionale di educazione e comunicazione ambientale”, declinato localmente che, partendo dalle scuole dell’obbligo fino ad arrivare alle famiglie, contribuisca a formare una generazione di Cittadini critici, consapevoli e informati in grado di decidere consapevolmente e incidere con le loro scelte sui vari meccanismi economico-produttivi e sociali del Paese.
Il 18 aprile 2018 il Parlamento Europeo ha approvato il pacchetto normativo sull’EC: quattro direttive incentrate sul recupero dei materiali, la gestione degli scarti, l’inquinamento e lo spreco alimentare. Gli obiettivi della normativa guardano a una crescita sostenibile e prevedono, per le Imprese, un risparmio di 600miliardi all’anno, 140mila nuovi posti di lavoro e un taglio di 617milioni di tonnellate di CO2 entro il 2035.
I Governi dovranno, prioritariamente, prevenire la creazione dei rifiuti; a seguire, privilegiarne riparazione e riciclo, poi destinarli al recupero energetico attraverso i termovalorizzatori e in ultimo prevedere la discarica; l’intento è, infatti, far scendere la quota di rifiuti da smaltire in discarica al 10% entro il 2035 (oggi l’Italia viaggia intorno al 28%). Per questa ragione diventerà obbligatorio in tutta Europa, come già in Italia, per i produttori di imballaggi dare vita a consorzi che si occuperanno di riciclarli.
Inoltre:
- Tutti i governi europei dovranno ridurre lo spreco alimentare del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030 (lo stesso proposito si estende ai rifiuti marini);
- I rifiuti riciclati dovranno essere il 55% nel 2025, il 60% nel 2030 e il 65% nel 2035;
- I rifiuti da imballaggi dovranno essere riciclati per il 65% entro il 2025 e per 70% entro il 2030 con alcuni sottotarget, come quello di plastica (50% e 55%), vetro (70% e 75%) o carta (75% e 85%);
- La generazione di rifiuti marini dovrà essere ridotta in modo significativo fino ad essere eliminata;
- Ci sarà l’obbligo di raccolta separata dei rifiuti organici, come cibo e piante.
Visto che tutte le attività economiche sono misurabili, occorre, per permettere di valutarle con certezza, rendicontare i risultati ottenuti attraverso un Bilancio (efficienza o inefficienza); anche tutte le azioni di EC dovranno essere necessariamente misurabili e descritte in modo chiaro per evitarne l’inefficacia.
Chiara incertezza tuttora sussiste per la determinazione del EoW – End of Waste (cessazione della qualifica di rifiuto), la determinazione di quando e come un rifiuto diventa materia prima secondaria e/o materia secondaria, in pratica il processo di recupero eseguito su un rifiuto, al termine del quale esso perde tale qualifica per acquisire quella di prodotto.
L’Ue ha definito quando un rifiuto cessa di essere tale; quando è utilizzato comunemente per funzioni conosciute e definite; quando ha utilità e, quindi, mercato; quando ha standard riconoscibili e tecniche pari ai prodotti specifici; quando rispetta le normative di riferimento e, quindi, non ha impatti negativi sull’ambiente o sulla salute umana. In definitiva quando ha valore alternativo ad una materia prima e viene di conseguenza recuperato per essere certamente utilizzato in modo da escluderne l’abbandono o lo smaltimento illegale.
Il Ministero dell’Ambiente, a cui spetta la regolamentazione in materia, non ha ancora emanato la norma sull’EoW avendo ulteriormente bisogno di approfondimenti parlamentari. Alla base della affermazione dell’EC sta il principio che l’adeguamento normativo deve assecondare in maniera attenta, competente e costruttiva l’evoluzione tecnologica di riferimento con tempi adeguati e metodi coerenti.
È necessario definire precisi riferimenti di misurabilità dell’EC, altrimenti sarebbe alquanto difficile (se non impossibile), ottenere dei riscontri in termini di risultati dalle azioni perseguite o da perseguire e, di conseguenza, valutare i benefici in termini economici e di salvaguardia delle risorse.
Misurare la circolarità è essenziale per dare concretezza e riferimenti univoci alle azioni perseguite o da perseguire: è fondamentale ottenere un riscontro che dimostri molto chiaramente i risultati ottenuti in termini di Sostenibilità economica ed ambientale nella gestione delle risorse.
È necessario individuare un insieme di parametri che permettano di quantificare la circolarità di prodotti, servizi, organizzazioni, in base ai benefici che generano sia in termini di riduzione delle risorse non rinnovabili impiegate, sia in termini di risorse rinnovabili utilizzate.
Altri fattori possono essere d’aiuto per un mutamento critico del pensiero (da “Consumatore” a “utilizzatore”, da “proprietario” a “condividente”) e per generare una maggiore domanda di servizi legati al noleggio, alla condivisione, allo scambio, alla riparazione e alla ricostruzione di prodotti.
La transizione verso un’EC sposta l’attenzione sul riutilizzare, aggiustare, rinnovare e riciclare i materiali e i prodotti esistenti. Quel che normalmente si considerava come rifiuto può essere trasformato in una risorsa.
Compiere scelte sostenibili dovrebbe diventare più facile (più accessibile, allettante e utile) per tutti i Consumatori.
Per questo stiamo lavorando per determinare appositi indicatori di ECODESIGN RESPECT per le Imprese che si impegnano a rendere i loro prodotti (come alcuni servizi) conformi alle esigenze dell’EC ottimizzandone la separabilità del recupero differenziato ovvero predisponendo il vantaggio per il riutilizzo o la rigenerazione.
Il Catalogo dei SAF – Sussidi Ambientalmente Favorevoli e dei SAD – Sussidi Ambientalmente Dannosi, redatto dal Ministero dell’Ambiente nel 2016, rientra in uno sforzo generale del Paese per l’analisi e la valutazione dell’erosione fiscale, delle spese fiscali, delle agevolazioni e incentivi esistenti; uno sforzo necessario per il disegno di politiche ambientali ed economiche ambiziose ed efficienti. Si affianca ai tentativi di riforma per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, ai decreti e alle attività che ne sono derivati.
Il SAD aumenta i livelli di produzione tramite il maggior utilizzo della risorsa naturale con un conseguente aumento del livello dei rifiuti, dell’inquinamento e dello sfruttamento della risorsa naturale, anche in danno della biodiversità. Si tratta prima di tutto di identificare i sussidi, di capirne struttura e obiettivi, di riesaminarne la validità, l’efficacia e l’efficienza, spesso numerosi anni dopo la loro introduzione. In non pochi casi, si tratta di situazioni di privilegio che non hanno più ragione di esistere. Non pochi sussidi hanno tuttavia valide motivazioni economiche e sociali. Ma andranno rivisti affinché non siano ragione di effetti ambientali negativi.
È infatti difficilmente comprensibile per l’opinione pubblica, per i Cittadini, per la comunità scientifica, per gli esperti delle organizzazioni ambientaliste, come delle Imprese, che si utilizzino fondi dello Stato (attraverso spese dirette) o che si rinunci a fondi dello Stato (attraverso spese fiscali, vale a dire agevolazioni, esenzioni o riduzioni) per incoraggiare attività economiche, che abbiano un impatto negativo per l’ambiente.
Occorre tagliare ed eliminare i sussidi ambientalmente dannosi, per ragioni ecologiche (non distruggere il capitale naturale, base insostituibile del nostro sistema economico), ma anche per ragioni economiche (competitività internazionale e concorrenza).
Si tratta di lavorare per un’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi progressiva nei tempi, ma certa nei modi. Si tratta di dare tempo a Cittadini e Produttori di riorientare le proprie scelte di consumo e investimento. Resterebbero risorse per una significativa riduzione delle imposte sulle Imprese e sul lavoro.
Si tratta anche di continuare a migliorare l’efficacia e l’efficienza dei sussidi ambientalmente favorevoli, a cui sono stati dedicati, almeno nel caso delle fonti di energia rinnovabile, fondi sostanziosi. Occorre tuttavia che si dia stabilità e certezza nel tempo agli incentivi, orientando i fondi al finanziamento dell’innovazione tecnologica ambientalmente sostenibile.
Il Catalogo dei sussidi si pone come utile strumento:
- Per individuare l’area di intervento per una possibile riforma della fiscalità generale, in applicazione del PPP (il principio chi inquina paga) che migliori il funzionamento del mercato.
- Per individuare misure che contribuiscano a una riforma fiscale ambientale (riduzione della pressione fiscale che grava sul fattore produttivo lavoro e sulle Imprese con il contestuale recupero di gettito mediante forme di fiscalità ambientale che colpiscano consumi e produzioni dannosi per l’ambiente).
- E, soprattutto, volto a individuare aree di riduzione delle spese fiscali in generale.
Ci auguriamo che il Catalogo possa contribuire ad aiutare Parlamento e Governo, con il consenso convinto di Produttori e Consumatori, ad avviare un processo progressivo, ma rapido e certo, di eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, così come ci richiede la comunità scientifica e la comunità internazionale.