
La reazione al conflitto pandemico, l’esigenza di riattivare lo sviluppo in fretta ma ancora storditi dal trauma, ci ha reso schiavi del presente e vincolati alla cronaca, lontani dalle prospettive costruite con il ragionamento di una visione aperta.
Il mondo che cambia non può essere interpretato e affrontato con questa logica. La velocità dei cambiamenti e la complessità degli intrecci tra innovazione, finanza ed economia, esaltati dalla globalizzazione rende quasi impossibile crescere con accortezza, sviluppare dall’interno invece di sfruttare la convenienza illusoria di attingere all’esterno.
Sembra complicato combinare queste due realtà: schiavi del presente e guardare lontano. Schiavi del presente significa “stare sul pezzo” sempre più presenti e specializzati; guardare lontano significa darsi un obiettivo e scrutare l’orizzonte per orientare la propria crescita.
Stringere e compattare sono le prime scelte; mettere meglio sotto controllo il sistema produttivo che, con la globalizzazione, ha cercato troppe strade alternative per ottimizzare i profitti; compattare i controlli per proteggere la propria sfera di azione dai pericoli crescenti che incombono.
La trasformazione sostenibile è la scelta di fondo; significa adottare una strategia per stringere gli spazi dove albergava la speculazione e compattare la gestione sui valori soggettivi e oggettivi, in una armonia che rende l’Impresa solida (crea valore per sé e per gli stakeholder in una prospettiva di medio-lungo periodo; un valore maggiore di quello prelevato al suo esterno), per bene (crea valore senza vizi occulti, danni collaterali o rischi non calcolati, nel rispetto della legalità), lungimirante (guarda al futuro, con una programmazione equilibrata e aperta all’innovazione), generosa (condivide parte del valore creato con chi le permette di prosperare, oltre gli obblighi normativi o rituali).