
La comunicazione lavora per tre fondamentali obiettivi: dare informazioni, promuovere l’attività, organizzare la reputazione.
Parliamo d’innovazione social e di gestione sostenibile della comunicazione.
La comunicazione, nel determinare convergenze e obiettivi, se rende interattiva la relazione e condivisa la partecipazione diventa asse portante per il successo di ogni attività produttiva.
Imprese e Consumatori devono essere attori sinergici per assumere un nuovo posizionamento nel Mercato (definito appunto sistema Consumatori-Imprese), riorientando ciascuno i propri interessi su orizzonti temporali più lunghi (l’Impresa) e stili di vita più responsabili (i Consumatori); insomma per creare valore reciproco a tutto campo per la Società (intesa come sistema Istituzioni-Comunità) e per il Territorio (inteso come sistema Ambiente-Biodiversità), in un Mercato equilibrato.
I Consumatori cercheranno Imprese campioni di sviluppo sostenibile, fornitori di prodotti-servizi senza effetti perversi e vizi occulti.
Le piattaforme social si stanno evolvendo e si stanno strutturando per qualificare e, quindi, dare priorità alle informazioni accreditate dagli utenti, riscontrate da altre fonti.
L’interazione, il dibattito sono la base della democrazia e del consenso informato. Se chi parla è responsabile e credibile, inspirando fiducia, avrà più visibilità.
I social premieranno l’autorevolezza decretata dagli utenti che verranno effettivamente coinvolti: in base al tempo di permanenza, al numero di “mi piace” e alle condivisioni dei link.
La prima regola da rispettare è la notorietà e l’affidabilità della fonte, soprattutto se non trae vantaggi dalla informazione stessa.
Monitorare la propria reputazione per un’Impresa significa comprendere i comportamenti ed anticipare le reazioni dei Consumatori, capire e rispettare la vox populi, soprattutto in rete, per individuarne la cause generatrici, tenerle sotto controllo, intervenire per non farsi cogliere impreparati e, in ogni modo possibile e competente, coltivare relazioni e acquisire accreditamenti.
Il management della reputazione, non solo sul web, è una nuova arte d’informazione e contro-informazione, è l’evoluzione dell’analisi dei dati.
È necessario adottare un metodo innovativo che valorizzi il consumer clout, il recondito ma effettivo potere dei Consumatori, rilevato attraverso l’ascolto diretto delle aspettative e delle motivazioni. Per questo anche la comunicazione deve essere gestita in modo sostenibile, soprattutto sui social network, verificando sentiment e trend che, insieme alla reputazione, determinano la rotta migliore per lo sviluppo di ogni attività produttiva.
L’Italia non ha ancora una domanda strutturata perché in effetti nessuno parte da una conoscenza del mondo consumeristico approfondita, appropriata e motivata.
Le Associazioni dei Consumatori stanno lentamente migrando le interazioni tradizionali a livello web, nel social networking, al posto delle mailing list; analogamente, in settori specifici, la pubblicità e la stampa generalista cedono spazi al social networking.
Proprio nel mondo consumeristico è possibile creare il clima migliore per attivare uno scambio proficuo di esperienze, divulgando il bene d il male del mercato, le qualità e gli errori delle Imprese, le buone maniere e le cattive abitudini.
Gli influencer sono i nuovi protagonisti del marketing, efficaci modelli di vita e di stile, promotori di scelte e acquisti, catalizzatori di relazioni sociali, opinion leader dell’era digitale, tiranni della like economy, insostituibili driver di promozione e comunicazione aziendale, arbitri di reputazione, fact checkers sentinelle anti fake news. Regnano su Youtube (il più utilizzato), Facebook (il più in evoluzione nella involuzione), Instagram (il più in crescita), Twitter (il meno efficace), social media abitati quasi dalla metà della popolazione mondiale, dotata per due terzi di smartphone, il device che ha surclassato il pc per le connessioni; i loro follower sono appassionati e fedeli, rappresentano truppe compatte nell’ortodossia dei messaggi diffusi.
Distribuzione e promozione di contenuti sono efficaci per la capacità di persuasione conquistata dagli influencer, perché con l’interazione creano engagement nei confronti di specifici target di riferimento che soddisfano con informazioni mirate e consolidate nella credibilità.
Gli influencer, che pongono l’individuo al centro del processo comunicativo, non sono necessariamente esperti informatici; sono certamente esperti sulla struttura e sul funzionamento degli ambienti digitali, sanno comunicare contenuti personalizzati che aggiornano con l’evoluzione nel tempo dei follower, secondo le modalità con cui interagiscono. Si tratta di competenze articolate con approccio multidisciplinare, dove cultura, narrazioni e sociologia s’intrecciano con la psicologia dei consumi e dei costumi, con cui dare vita a strategie di marketing che, assolutamente originali e centrate, sono in effetti di branding.
La Associazioni dei Consumatori stanno raccogliendo esperti con cui trattare i fenomeni generati dall’innovazione digitale. Sono esperti che naturalmente godono della credibilità acquisita dalle Associazioni stesse, potenziati dal vantaggio che conoscono bene i Consumatori che rappresentano. Sono i native influencer.
Il native influencer è un Consumatore diventato esperto, riconosciuto dopo una attività di interazione indipendente costruita in rete; native, appunto, perché è “figlio” della rete; influencer perché accreditato e credibile presso il suo pubblico.
Il native influencer consumerista ha una posizione particolare; non deve essere esibizionista della sua forza, deve solo essere pronto ad ascoltare e dare consigli, soluzioni, ragioni.
Non rimane solo, agisce in Social Set (con altri native influencer collegati) e partecipa ad una comunicazione molecolare (multipolare) organizzata. Una novità assoluta.
Le Associazioni dei Consumatori selezionano una rete di native influencer, per organizzare informazione, promozione e reputazione in maniera integrata, anche inerente la Sostenibilità, di specifiche attività produttive. All’accreditamento del singolo native influencer si aggiunge la credibilità delle Associazioni che lo hanno scelto, generando una originale ed efficace strategia di comunicazione, costruita con altri native influencer.
Il Social Set anticipa il nuovo tool BCM – Branded Content Matching che Facebook sta avviando per valorizzare i contenuti di pregio pubblicati; una sorta di motore di ricerca che consente l’individuazione di influencer impegnati in tematiche d’interesse. La differenza sostanziale, che solo le Associazioni di Consumatori possono garantire, è la terzietà; infatti la BCM mette in contatto gli influencer con le Imprese, mettendo comunque in dubbio la libertà di espressione e l’indipendenza.
La gestione sostenibile della comunicazione organizza contatti effettivi e interattivi con i Consumatori, interessati o potenzialmente tali, con l’obiettivo di ottimizzare a proprio favore il consumer clout, decisivo per la reputazione.
Il Mercato riconosce maggior successo a quelle attività produttive che hanno un dialogo amichevole e costruttivo con i Consumatori, basato sulla reciproca fiducia e sulla condivisione delle esperienze attraverso un interscambio continuo e costruttivo. Sono proprio i Consumatori, attivi nel coinvolgimento e nella partecipazione, a fornire le informazioni più autentiche e utili; sono questi i cosiddetti prosumer, scovati dal native influencer, che danno contemporaneamente valutazioni su come considerano le Imprese, quanto le ritengano credibili, attendibili, convincenti, raccontando le loro esperienze, commentando idee e valutazioni nell’interazione.
Il native influencer è il primo attore adottato nella promozione online, sempre più apprezzato per la sua capacità di stimolare e allargare la platea informativa sulle tematiche d’interesse, per la sua capacità di aggiungere valore all’esperienza di navigazione, offrendo in maniera naturale elementi di sollecitazione al dialogo e al commento.
In questa dimensione il native influencer lavora per strutturare il contenuto della pagina social in trattazione e/o dei commenti, in modo che l’utente lo percepisca semplicemente come parte di essa, confermandone la credibilità dovuta alla sua terzietà, riconosciuta come libera ed indipendente (espressione o simpatizzante del mondo consumeristico); una forma di comunicazione, un’apertura coraggiosa e trasparente al confronto con i Consumatori moderati e/o coinvolti da chi non ha interessi vincolati a Imprese; cattura l’attenzione poiché assume un ruolo catalizzatore, ampliando il panorama degli interessi e delle curiosità.
La logica del native influencer porta, in generale, una ventata positiva e interessante nella comunicazione online, perché non è unilaterale e unidirezionale; perché controllata e analizzata con imparzialità, nell’interesse generale.
Il native influencer è un esperto consumerista che sa interpretare il social networking e gestire i flussi informativi con reale competenza. Lavora in un team creativo e dinamico, per realizzare contenuti appealing e interessanti per gli utenti.
Il vantaggio del native influencer è quello di interagire come un amico e non come un brand o un’Impresa. Questa caratteristica gli permette di non essere penalizzato dal nuovo algoritmo di Facebook e di avere un maggiore impatto in termini di apparizioni in bacheca, numero di visualizzazioni, click, like e condivisioni con i post.
Il metodo si avvale delle seguenti strategie:
• Avviare interazioni spontanee, significative e funzionali tra diverse fonti aperte, formali e informali, per aprire un dibattito sui temi di interesse, puntualizzandoli in scala prioritaria.
• Implementare un adeguato civic engagement per massimizzare i contenuti condivisi.
• Affermare le tematiche nel consenso e rilevare eventuali motivi di dissenso.
• Creare una narrazione composta da storytelling efficace e coinvolgente che si avvalga di immagini, grafiche e video (nell’ambito delle AMP – Accelerated Mobile Pages o degli Instant Articles) per un’esperienza immersiva e naturale.
Grazie a questa sinergia di interazioni ed engagement, il native influencer verifica lo stato della reputazione dell’Impresa in generale, indica gli interventi possibili per migliorarla, evidenzia il rapporto consenso-dissenso.
Il fine ultimo e principale è quello di divulgare nel modo più corretto e discreto le attività svolte dall’Impresa per la Sostenibilità, a discapito dei propri profitti, contribuendo alla percezione positiva dell’Impresa oltre i risultati economici e finanziari; in definitiva arricchendo il percorso customer oriented con l’impegno sustainable oriented.
L’importanza del native influencer è evidenziata dallo stato dell’informazione.
La propaganda oggi si chiama informazione mediatica, pubblicità, lobbismo, marketing, social networking, espressioni culturali e altro. In sintesi, la ricerca del consenso è diventata una scienza.
La velocità con cui si evolvono i diversi strumenti del consenso, l’intreccio e la trasversalità con cui si applicano, i processi con cui vengono assorbiti, stanno generando complicazioni irrisolvibili per cui la verità non è più unica ma pluriforme, adattabile a interpretazioni e usi di parte.
Il native influencer è un riferimento efficace.
La verità pluriforme nella società della comunicazione si chiama anche “post verità”, dove i fatti oggettivi e le realtà assolute diventano multidimensionali: soggettive, settoriali, dinamiche, effimere, polarizzate.
Vero e falso si mischiano con le opinioni più variegate creando notizie artefatte e contraddittorie a cui si crede perché ci si vuol credere e non perché sono credibili.
L’opinione pubblica, il popolo, abbagliato dal consumismo diffuso, ha imparato a dare il suo consenso per soddisfare esigenze ed aspirazioni meno ideali e più materiali; vuole promesse concrete in cui credere.
Il Cittadino crede meno ai valori generali, per tutti, e più al valore singolo, per se stesso.
Per illuderlo e carpirne il consenso, al posto degli ideali, c’è bisogno del populismo, delle promesse invitanti, delle rivincite attese.
L’abbondanza informativa nella società della comunicazione induce a confondere l’attenzione dei destinatari; l’efficacia obbliga a sintetizzare per schemi e slogan, rinvigorendo i pregiudizi.
È sparito l’“ipse dixit”, la voce autorevole che aggregava e unificava l’attenzione e il consenso di massa.
Il consenso si ottiene suonando le corde giuste, quelle che promettono risultati semplici e puntuali, pratici e palpabili. Occorre una vero e proprio sistema operativo, una “fabbrica del consenso”, per cablare tutte le componenti psicologiche, sociologiche ed economiche con le esperienze e le esigenze, i desideri ed i sogni.
L’evoluzione pluricentrica nella società della comunicazione generata dal web crea fonti di notizie e aree di discussione senza controllo, senza limite.
La partecipazione allargata e facilitata dal web genera il festival degli stereotipi, dei luoghi comuni; ognuno cerca di uscire dalla massa e distinguere la sua individualità omologandosi a una delle innumerevoli polarizzazioni dogmatiche che nascono ogni giorno (siti, blog, social, newsletter…); realizza così il suo “ergo sum” con velocità e semplicità; realizza la sua Comunità limitata e autoreferenziale con cui aumenta indiscriminatamente le diversità senza contribuire alla creazione di qualsiasi valore.
Sono le aggregazioni che integrano la potenza dei big data con l’automazione computerizzata che seleziona e orienta i risultati dei motori di ricerca in rete, con l’azione di robot informatici che lavorano in rete al ritmo di migliaia di utenti al minuto; sono nickname e avatar immateriali che generano “fake” per narrazioni molto credibili, apparentemente reali, ben poco veritiere, pericolosamente ingannevoli.
Ecco il native influencer come paladino della lotta alla contaminazione mediatica, come custode dei migliori valori espressivi delle attività produttive sostenibili.