
L’età contemporanea è complessa per tutti i Paesi, Italia in testa. Sintetizzando e semplificando, se politica, economia e società avessero avuto come guida, in ogni azione, il criterio della Sostenibilità, la situazione sarebbe certamente migliore.
In pratica due categorie hanno legittimato la politica: quella dei diritti acquisiti senza merito e quella delle clientele organizzate. Due terzi del debito pubblico è stato assorbito da spese correnti o investimenti inutili, cinque milioni di pensionati non hanno requisiti attuariali per esserlo, privilegi e rendite di posizione rimangono intoccabili; la burocrazia ha assunto dimensioni lesioniste anche per arginare la forte carenza di rispetto per le regole e il senso civico.
La politica non ha cercato il consenso nell’interesse generale, limitando la programmazione ad orizzonti modesti e limitati, con troppe leggi e pochi controlli.
Il risultato è arrivato, nonostante la grandezza del nostro Paese l’economia è assoggettata dalla finanza. La finanza cavalca la globalizzazione. Le povertà e le disuguaglianze pervadono la Società, la cui mobilità è bloccata. L’ambiente soffre, la legalità è assediata. L’innovazione tecnologica genera uno sviluppo dal futuro incerto. I tempi della giustizia favoriscono i colpevoli. I giovani discriminati pagano per le politiche poco sostenibili del passato.
Senza poter affondare ulteriormente il debito pubblico troppe categorie sono rimaste escluse e troppe promesse sono rimaste inevase. Queste categorie disilluse hanno montato rancore. Le ideologie si sono spente, conta solo il benessere dei consumi. L’interesse generale e il bene comune non hanno spazio. Chi rimane in disparte si astiene, chi reagisce si aggrega a nuovi condottieri che giurano il riscatto.
Servirebbe una rivoluzione sostenibile per rigenerare gli equilibri di diritti e doveri, meriti e bisogni, interessi privati e pubblici, pari opportunità. Questa rivoluzione spetta ad una classe politica rigenerata, capace di dare nuove speranze ed emozioni.
La voglia di cambiamento è ben radicata. Auspichiamo che il cambiamento, contrariamente al passato, abbia come guida, in ogni azione, il criterio della Sostenibilità.
Tutte le crisi della storia (politiche, economiche e sociali) hanno in comune piani non sostenibili. La fede nello sviluppo lineare ha consentito piani non sostenibili.
Tecnologie e globalizzazione, governate dalla finanza, hanno dato allo sviluppo una logica quantistica. Un intreccio (entanglement) di correlazioni tra fenomeni apparentemente indipendenti, anche distanti, con effetti imprevedibili ed indeterminabili.
Prevedere il futuro, anche a breve (come l’ultimo ventennio ha dimostrato), è praticamente impossibile. Non esistono riferimenti utili, né principi comuni.
Forse un riferimento utile, un principio comune c’è: la Sostenibilità, perché porta certezze al futuro incerto, per la sua capacità rigenerare equilibri e creare resilienza ad ampio raggio, nel Territorio, nella Società, nel Mercato.