È stato accertato che il virus è entrato in Italia (come in Germania e probabilmente in altri Paesi) già da gennaio inoltrato; il disinvolto e omertoso silenzio cinese non ha dato l’allarme nei tempi dovuti. Ce ne siamo accorti quando si è manifestato con evidenza; in una prima fase è stato confuso con l’epidemia influenzale di stagione che da tempo girava con analoghi effetti sull’apparato respiratorio. Quando si è capito che si trattava del Coronavirus cinese il Servizio Sanitario Nazionale si è attivato con fermezza; anche con la dovuta trasparenza che possiamo definirla ingenua? Da un punto di vista della comunicazione ingenua, no, inadeguata, forse si; da quello sanitario, più serio, certamente no. Ora passiamo per gli untori dell’Occidente perché abbiamo eseguito test a tappeto sui soggetti a rischio; in altri Paesi hanno sottoposto ai test solo i soggetti conclamati. Probabilmente siamo in vantaggio nell’azione di contenimento e in svantaggio sui numeri, che comunque, sono veri e raccontati in tempo reale. Non sappiamo se altrove agiscono con la stessa severità e con lo stesso metodo. Il tempo ci potrà dare ragione e recupereremo la reputazione perduta. Abbiamo comunque dimostrato al mondo che abbiamo un eccellente sanità e un senso civico inaspettato. Ora, uniti, seguiamo i consigli degli esperti e limitiamo al massimo i contatti umani.
Paghiamo alto il prezzo di aver ridotto gli investimenti nella sanità, con particolare riferimento alla carenza di posti in terapia intensiva e di personale connesso (con un miliardo se ne possono organizzare ex novo altri diecimila, triplicando quelli esistenti e raggiungendo maggiori margini per affrontare meglio un eventuale contagio allargato). Con questa spesa il contenimento avrebbe potuto essere meno drastico. A causa della politica miope spenderemo di più per sanare i danni all’economia, dai sette miliardi stanziati ai trenta-cinquanta calcolati, con ipotesi (da accertare) fino a cento. Tornano in mente i dissesti idrogeologici per la mancata manutenzione del territorio. Come nota positiva e ottimistica abbiamo l’occasione per rivedere stili di vita e modelli di consumo superficiali e, sopratutto, insostenibili; cominciando dalla riconversione del sistema produttivo non solo in termini di sostenibilità ma anche di indipendenza e autosufficienza, fin dove possibile. Imparando a comunicare con maggiore coordinamento e responsabilità; liberi da influenze politiche e temerarietà mediatiche; creando nuovi equilibri impegnati finalmente nella programmazione a medio e lungo termine. Affrettiamoci con cautela, “festìna lente”, motto di Adriano, forse il più saggio degli imperatori romani.